E' un Primo maggio amaro per molti lavoratori e tante famiglie italiane
esauste, che devono fare i conti, ogni giorno, con una crisi di cui non si
intravede ancora, purtroppo, l'uscita. Ma è anche una giornata di lotta e di
speranza.
Il sindacato ha scelto unitariamente la città di Perugia come sede della
manifestazione nazionale, non solo per ricordare il dramma delle due lavoratrici
della Regione uccise mentre facevano il loro dovere in ufficio. Perugia e
l’Umbria sono in questo Primo maggio il simbolo della disperazione del lavoro,
della costante deindustrializzazione del paese, della crisi di un modello
economico formato da tante piccole e medie imprese che oggi rischiano di
chiudere i battenti per sempre.
Come ripartire? Abbiamo apprezzato il discorso fiducioso e l’appello del
nuovo presidente del Consiglio, Letta: il paese ha bisogno di maggiore coesione
sociale e della collaborazione di tutti, superando le sterili contrapposizioni
politiche dell’ultimo ventennio. Di fronte alla drammaticità della crisi
occupazionale, occorre oggi aprire il confronto per un vero Patto per la
crescita, in cui tutti facciano la propria parte per favorire il rilancio degli
investimenti: governo centrale, regioni, imprese, sindacati, banche. Questo sarà
il messaggio pacifico ma forte che oggi il sindacato lancerà in tante piazze
italiane. Uniti si vince, divisi si perde. Occorrono urgentemente interventi di
sostegno per i lavoratori che rischiano il licenziamento. Ecco perché il primo
provvedimento che il nuovo Governo Letta dovrà assumere è rifinanziare la
cassa integrazione in deroga e dare garanzie anche a migliaia di esodati senza
salario e senza pensione.
Bisogna dare anche risposte concrete ai tanti precari della pubblica
amministrazione e della scuola che rischiano di rimanere a casa. Per questo
abbiamo protestato davanti al Parlamento nei giorni scorsi e protesteremo ancora
nelle prossime settimane, in tutte le regioni italiane. Ma non chiediamo solo
assistenza. Vogliamo una svolta nella politica economica, un vero e proprio “new
deal” che possa far crescere i salari, le pensioni ed i consumi delle famiglie.
Non ci sono scorciatoie: occorre ridurre le tasse ai lavoratori, ai pensionati,
ma anche alle imprese che investiranno ed assumeranno i disoccupati. E’
importante che lo abbia riconosciuto anche il presidente Letta perché questa
rimane la strada per dare ossigeno all’economia italiana. La riduzione delle
tasse è una misura che si auto-finanzia perché ci saranno nuove entrate fiscali
con la ripresa dei consumi e della spesa delle famiglie. Se invece si lasciano
le cose come stanno, avremo un aumento ulteriore delle povertà e delle
disuguaglianze sociali. In tal senso, è giusto eliminare una imposta odiosa come
l’Imu, ma a chi ha una sola casa.
Dall’altro lato, occorre colpire penalmente l’evasione fiscale e premiare
invece con maggiori sgravi chi assumerà i giovani precari e soprattutto le
donne. La nuova occupazione verrà solo da una buona economia e dalla capacità di
favorire lo sviluppo. E’ fondamentale sbloccare con un decreto tutti quei
progetti di opere pubbliche fermi da anni per i veti incrociati degli enti
locali, delle lobbies e financo della magistratura. Parliamo di energia pulita,
trasporti, strade, inceneritori, opere di bonifica del territorio. Anche le
regioni e gli enti locali possono fare di più per aiutare le aziende in crisi,
dimezzando le tasse locali ed i costi dell’energia, facendo funzionare meglio i
servizi. Invece è tutto fermo. Immobile. Il paese ha bisogno di una “frustata”,
di ridurre i livelli amministrativi ed istituzionali e con essi gli sprechi di
una spesa pubblica improduttiva. Non c’è un prima ed un dopo. Lavoro, tasse più
basse e riforme istituzionali devono arrivare insieme. Raccoglieremo migliaia di
firme per obbligare il Parlamento a rivedere il Titolo Quinto della
Costituzione.
Questo impegno ci aspettiamo dal Governo Letta e da tutte le forze politiche.
Ora aspettiamo i fatti. Ci vuole una politica industriale orientata finalmente
dallo Stato alla innovazione tecnologica e di prodotto, alla green economy, alla
ricerca, alle nuove infrastrutture, alle reti digitali. Il sindacato, per quanto
ci riguarda, sa cosa deve fare per assumersi le sue responsabilità. Abbiamo
raggiunto proprio ieri un accordo storico sulle regole della rappresentanza in
tutti i posti di lavoro. Siamo pronti a negoziare con le imprese nuove intese
sulla produttività per aumentare i salari grazie alla forte detassazione. Ma non
abbasseremo la guardia.
Ecco perché da Perugia e da tutte le città italiane, in occasione di questo
Primo Maggio, rivolgiamo il nostro appello alla classe dirigente italiana
affinché trovi la forza per imprimere quella svolta profonda nella direzione
generale dell’ economia che da tempo reclamano le forze sociali e l’interesse
generale del paese.
Segretario Generale Cisl